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L'OPERAZIONE

Frode fiscale, le Fiamme gialle "incastrano" un'associazione sportiva 

LAVORO

Frode nel mondo dello sport, commessa attraverso l’emissione di false fatturazioni. È questo quanto emerso a conclusione di una complessa attività investigativa condotta dalla Guardia di finanza di Ascoli Piceno che ha portato alla denuncia a piede libero di 11 persone all’Autorità giudiziaria.

LA VICENDA – Tutto è nato da un’attività più ampia, un’operazione generale per contrastare i fenomeni evasivi nel territorio che assumono rilevanza penale in relazione alle ingenti somme di denaro evase. Nello specifico, è stata l’analisi dell’aspetto gestionale di una locale associazione sportiva dilettantistica che ha permesso agli addetti ai lavori di far venire alla luce la faccenda. La società coinvolta, in maniera sistematica, secondo gli inquirenti emetteva fatture nell’ambito di operazioni di sponsorizzazione che in realtà o non sarebbero mai andate in porto o sarebbero state ingigantite. I soggetti beneficiari di tali risorse sarebbero stati una trentina di commercianti residenti tra l’ascolano e il teramano.

LE MANOVRE - Grazie ad un’analisi di indicatori specifici, ottenuti dalle banche dati in possesso della Guardia di finanza, è stato possibile far venire alla luce anomalie presenti nel volume d’affari in confronto a quanto dichiarato ufficialmente. La successiva analisi della documentazione contabile e dei flussi finanziari non ha fatto altro che confermare la gravità della situazione.

Sono state emesse fatture per un importo di circa 1,2 milioni di euro, di 2,2 milioni di euro di base imponibile sottratta a tassazione. I reati contestati ai membri della società e agli operanti nei vari settori economici sono stati dunque quelli di emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti.

Brutto colpo anche per l’associazione dilettantistica, la quale è stata impossibilitata di beneficiare del regime tributario agevolato previsto dalla vigente normativa dedicata agli enti no profit. Siamo dunque di fronte ad un'operazione condotta dalla Guardia di finanza ascolana, che ha permesso di portare a galla, ancora una volta, il fenomeno della frode fiscale.

                                                                                                                                      Andrea Pietrzela

 

 

“Cercasi personale”.  Ben due  segretarie Front Office, due magazzinieri e un non precisato numero di addetti all’assistenza e alle pratiche per la tutela del cliente (anche prima esperienza). Fa scalpore l’annuncio riportato su un volantino pubblicitario che ha letteralmente inondato tavoli e banconi di attività commerciali della città.

Annunci così, certo, non se ne vedevano da anni. Incuriositi, abbiamo chiamato il numero telefonico indicato per le candidature. Ci ha risposto una donna che molto cortesemente ha fissato un appuntamento per il pomeriggio stesso.  Al nostro arrivo, com’era prevedibile, abbiamo trovato diversi candidati in attesa. Giunto il nostro turno, siamo stati accolti da un ragazzo molto giovane. Lo stesso ci ha presentato l’azienda (senza mai farne il nome) come una società che opera conto terzi per grandi marche.

Poi è passato immediatamente, in pochissimi minuti, a descrivere il ruolo che dovrebbero ricoprire i candidati, il tutto molto genericamente, senza mai entrare nel dettaglio dello specifico lavoro da svolgere. Ma, soprattutto, senza mai rivolgerci alcuna domanda. Siamo stati quindi invitati a ripresentarci lunedì mattina per una prova pratica, ovviamente senza chiarire in cosa consista. Lunedì saremo in grado di raccontarvelo. 

Di certo, possiamo raccontarvi  i volti sconsolati dei candidati che uscivano. Avevano l’impressione, che condividiamo, di essere incappati nell’ennesimo stratagemma di vendita nascosto dietro la promessa di un posto di lavoro.  E il terreno è molto fertile nel nostro territorio, basti pensare che oltre 5000 persone sono state cancellate dall’elenco dei disoccupati dei Centri per l’impiego piceni, per la mancata presentazione ai colloqui. Un dato significativo se si pensa che circa un anno prima, ovvero nella primavera 2014, le cancellazioni erano state complessivamente 2694, di cui 1267 persone che erano iscritte al Centro di Ascoli e 1427 a quello di San Benedetto.

Numeri, quelli dell’addio allo stato di disoccupazione, che sembrano stridere con uno scenario quasi orwelliano di chiusure di attività e licenziamenti, ma che danno l’idea di un possibile futuro.

Futuro, quello del lavoro, dalle tinte sempre più fosche per il Piceno.  

                                                                                   Alessandro Corradetti

 

"Cercasi personale": un volantino

illude tanti disoccupati ascolani

Sede distaccata di Scienze politiche: l’incontro tra studenti e vertici del Consorzio universitario piceno si è rivelato un “buco nell’acqua”, anche se la fiammella della speranza non si è definitivamente spenta, ma tutto resta nelle mani della sede centrale di Macerata.

Al summit, tenutosi nella sede del Cup in Piazza Roma ad Ascoli, hanno preso parte, oltre agli iscritti alla (ormai ex) sede di Spinetoli, il Presidente del Consorzio Achille Buonfigli e il direttore generale dello stesso ente Pierluigi Raimondi.

Ha colpito l’assenza di rappresentanti dell’Università di Macerata, dato che sia il rettore Luigi Lacchè, sia il presidente del Dipartimento di Scienze politiche e Relazioni internazionali dell’Ateneo maceratese Francesco Adornato erano stati avvertiti per tempo della riunione con gli studenti.

Comunque, il presidente Buonfigli ha rassicurato gli studenti sul fatto che il Cup è dalla loro parte e

ha garantito che ragguaglierà il rettore dell’Unimc e il preside della facoltà di Scienze politiche sulle proposte avanzate dai ragazzi per risolvere la questione, per poi fare il punto della situazione.

Ma tra gli iscritti non trapela ottimismo, infatti nel comunicato da loro diramato affermano: “La nostra proposta di finire il secondo e terzo anno (ovvero garantire la continuità didattica dei corsi - ndr) sembra sempre di più un’utopia”.

Le uniche proposte finora avanzate da Macerata (il trasferimento nella sede centrale attraverso delle borse di studio oppure i corsi on line) non hanno incontrato il favore degli studenti, poiché esse non prendono in considerazione la situazione di chi si trova “fuori corso”.

La “pietra dello scandalo” è stata lanciata dal sindaco di Spinetoli Alessandro Luciani il quale, durante il Consiglio comunale del 31 luglio 2015, senza preavviso, ha deciso di abbandonare il Cup cedendo la propria quota del 3% (del valore di circa 60.000 euro).

 In precedenza, nel febbraio scorso, lo stesso sindaco aveva dato la propria disponibilità a rinnovare per due anni (2015-2017) la convenzione che legava il comune della Vallata del Tronto al Consorzio.

Dopo il recesso di Spinetoli, si sono tenuti diversi incontri tra le autorità competenti, che però si sono risolte in un nulla di fatto.

Da parte di Macerata non sembra esserci alcuna disponibilità a trovare una sede distaccata  nel Piceno alternativa a quella di Spinetoli, anche a causa della politica accentratrice sostenuta dall’Ateneo maceratese.

Infatti l’Università di Macerata, in linea con le maggiori università italiane, ha iniziato a chiudere tutte le sedi distaccate presenti nelle Marche: dapprima Civitanova e Fermo, poi, appunto Spinetoli.

Ma, mentre agli studenti di Civitanova e Fermo è stata garantita la continuità didattica poiché i corsi sono in presenza dei docenti e quindi sono riconosciuti dal Ministero, per i corsi in videoconferenza  non è previsto che gli iscritti possano concludere il loro ciclo di studi e quindi non possiede quel requisito.

Insomma, la questione della sede distaccata di Scienze politiche nel Piceno rischia di trascinarsi per diverso tempo e ci si augura che si risolva per il verso giusto, anche in nome del diritto allo studio.

                                                                                          Giuliano Centinaro

 

Scienze politiche, i corsi "distaccati"

restano un rebus senza soluzione

UNIVERSITA'

IL CASO

Quattrocento mila euro  e’ il risparmio previsto  dal Comune per il nuovo impianto di illuminazione  a led .La proposta e’ piu’ che buona da un punto di vista pratico, ma non lo e’ da un punto di vista sociale e della pubblica utilità.

Gli ascolani sono davvero soddisfatti della nuova scelta del Comune o avrebbero preferito essere interpellati attraverso un referendum popolare? L’ insoddisfazione e’ diffusa e si percepisce sia attraverso petizioni online, raccolta firme e la diffusione di foto  delle diverse zone di Ascoli su gruppi  creati sui  social network  il cui pensiero comune è quello di una città al buio. Dunque, la questione non e’ solo di natura estetica,  in quanto si è passati da luci calde e soffuse che rendevano la città unica e affascinante ad un ambiente freddo e poco sicuro per i più. Da quanto appreso, la questione che porta alle proteste dei cittadini è di sicurezza. La scarsa visibilità nei diversi punti della città rende il cittadino poco sicuro perche’ esposto di più ai pericoli sia per quanto riguarda la circolazione sia per la sicurezza personale. Le proposte della gente per migliorare la situazione sono tante, a partire dall'idea di sostenere i lampioni gia’ adattati con alcuni punti luce per potenziare la visibilità a quella di mantenere la vecchia illuminazione nel centro storico e di sostituirla nelle zone di periferia come, ad esempio, Monticelli. Bisognerebbe prestare di piu’ attenzione alle esigenze ,alle proposte e ai desideri del cittadino e  meno ai dati o a lunghe statistiche -  che si tratti di piccole o di grandi realtà - e adattare ogni tipo di scelta "su misura". Si prendano ad esempio città grandi come Firenze, dove il progetto  del nuovo impianto d illuminazione è stato studiato con cura e attenzione nonostante il suo centro storico sia illuminato di per sé d dove le luci led sono sostenute da diversi punti luce  dei negozi e dei monumenti. Ascoli, essendo un piccolo centro  composto da quelle che sono definite anticamente  rue, deve avere anche la possibilità di conservare il suo antico fascino che, da sempre, attira numerosi turisti e rende  particolarmente soddisfatti i suoi abitanti.

                                                                                                                                      Simona Di Marcantonio

                                                                                                                                          

 

Quei led che non piacciono agli ascolani...

In tanti si chiedono cosa ci sia dietro ogni negozio o attività gestita da cinesi. Attività che ad Ascoli spuntano come funghi. Tanti negozi "cinesi" aprono, altrettanti "italiani" chiudono.  Nel centro storico, nelle periferie, nei centri commerciali. Ma come fanno a non risentire della crisi?

E' vero che i fondi per aprire le loro attività, i soldi per pagare gli affitti e le merci, li ricevono direttamente dal loro Paese di origine? La Grande Cina sovvenziona le attività dei suoi cittadini all'estero (purché se ne vadano...)?

Altra domanda che l'ascolano si pone è se i cinesi abbiano una vita sociale, vadano al cinema o a teatro. I loro ristoranti usano cibi poveri provenienti dalla Cina o prodotti italiani? Tra l'altro, non si è mai visto uno di loro mangiare in un ristorante italiano! Inoltre, anche se da decenni sono presenti sul territorio, non si vede un anziano. Sono sempre una comunità di giovani...

Nonostante la gente adori l'involtino primavera, la vera domanda rimane questa: se tutta l'oggettistica e l'abbigliamento che compriamo "made in China" non sia un vero "dramma". Perché? Perché in diversi lamentano il fatto che si tratti di roba che si rompe o si rovina in poco tempo, quindi destinata a finire presto nella spazzatura, alimentando la montagna di rifiuti che già inquina il Pianeta.

                                                                                                        Roberta Seghetti

Cina e cinesi: l'invasione

di un'economia antiecologica?

AMBIENTE

Da un recente sondaggio, è emerso il numero crescente di persone che possiedono un cane, cosiddetto animale di affezione, e la conseguente esigenza di creare città a dimensione anche dei propri amici a quattro zampe. Esiste in Italia una città virtuosa in tal senso?

Alcuni elementi consentono di immaginarla: zero randagismo, registrazione all'anagrafe canina, sterilizzazione al 100%, distribuzione gratuita da parte del Comune di sacchetti igienici e, soprattutto, l'esistenza di spazi aperti attrezzati, per consentire al cane un libero sfogo, lontano dai divieti di accesso. Ma l'iniziativa più bella ed importante, e forse utopistica, sarebbe quella, da parte dei Comuni, di offrire un incentivo per ogni cane adottato dai canili. 

La realtà, come spesso accade, è ben diversa e, anche se sempre più spesso si crea il binomio cane-padrone, c'è ancora tanto da fare per creare una città davvero a misura di questa relazione. 

Ascoli non dà il buon esempio, essendo sprovvista di spazi destinati esclusivamente ai cani. C'è una pista ciclabile dove, nonostante si incontrino più cani che la percorrono piuttosto che biciclette, vige il divieto di accesso proprio per i cani; il Comune non distribuisce più da tempo i sacchetti igienici e addirittura nell'area sgambamento cani nell'ex tirassegno a Porta romana c'è un cartello che minaccia: "Vietato l'accesso ai cani". La prima cosa da fare è sensibilizzare all'attenzione su questo tema, così evidente ma, di fatto, così poco evidenziato.

                                                                                                Claudia Farina

Pianeta cani (e padroni):

ad Ascoli c'è poca attenzione

CITTA' E ANIMALI

SPORT

Anche ad Ascoli un nuovo stadio per sognare come la Juventus

Sono ormai passati più di quarant'anni da quando il Presidentissimo Costantino Rozzi costruì lo stadio dei “100 giorni” dando alla struttura l'aspetto attuale. Quarant'anni in cui si sono susseguite generazioni e generazioni di tifosi su quei gradoni e per questo il Del Duca, ormai, è diventato la seconda casa per migliaia di ascolani e piceni.

Attualmente, però, c'è un progetto che prevede il restyling dell'impianto sportivo. Il Picchio infatti sta giocando il suo campionato di Serie B senza il supporto dei propri tifosi sia dei Distinti est, sia della Tribuna, dato che quest'ultima è ancora inagibile. Il progetto, presentato quest'estate in Comune, consiste nella ristrutturazione totale dello stadio settore per settore partendo, appunto, dalla tribuna scoperta.

I vantaggi di una “casa” nuova, moderna e di proprietà sono tanti. Immaginatevi il calore della curva bianconera a 7 metri dalla linea di fondo campo: il Del Duca sarà sempre una bolgia. I vantaggi, però, non saranno limitati esclusivamente all'ambito sportivo, essi infatti andranno ad aumentare anche il fatturato della società. La Juventus, per esempio, ha triplicato il proprio fatturato negli ultimi 5 anni anche grazie allo stadio di proprietà, arrivando a guadagnare mille euro per posto a sedere. Tutto questo non è solo dettato dal prezzo dei biglietti, che comunque si prova ad abbassare, ma anche e soprattutto dal miglioramento dei servizi disponibili all'interno dello “Stadium”. Se volessimo andare all'estero basterebbe vedere il miglioramento che ha avuto il calcio tedesco dopo i mondiali del 2006: gli stadi di proprietà hanno aiutato a far tornare le loro squadre alla ribalta europea (basti pensare alla finale di Champions League tra il Bayern Monaco e il Borussia Dortmund). Gli stadi in Germania sono vivi 7 giorni su 7, 24 ore su 24, grazie a musei e ristoranti, ma anche bar e palestre.

Il progetto è sicuramente importante. Uno stadio nuovo e di proprietà potrebbe far fare al capoluogo piceno quel salto di qualità che Ascoli aspetta da tempo esso, infatti, dovrà essere il centro di una serie di attività e iniziative volte a ribadire che l'Ascoli Calcio è parte integrante della città di Ascoli Piceno. In un calcio dove il business la fa sempre più da padrone, una eventuale promozione in Serie A del Picchio, con la costruzione del nuovo stadio, porterà un miglioramento generale dell'economia picena. Basti pensare a coloro che verranno da fuori per vedere le grandi squadre: un giro in centro, una pizza e via alla partita. Oppure pensiamo anche a tutti i tifosi ospiti in genere, che potrebbero essere i turisti di domani.

Basta sognare per un pò...

                                                                                                                                                                      Matteo Alberti

 

 

AMBIENTE

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