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In 33 non hanno residenza e un tetto. Perché non accoglierli insieme ai migranti?


La grande questione dei migranti in cerca di aiuto per ricostruirsi un futuro lontano dalla propria terra, ora dopo mesi e mesi di dialettica viene riconosciuta da tutti - positivamente o negativamente che sia - una questione prioritaria, con Governi e Paesi che finalmente si espongono in un senso o nell'altro e con la stessa Chiesa che prende posizione e apre le porte. Tutto questo scenario, nel nostro piccolo, riapre le porte, invece, ad una situazione che, su scala, rappresenta un segnale forte rispetto ad un'altra crescente emergenza che riguarda, però, il territorio ascolano: nel 2015, mentre un'italiana vola nello spazio, in una piccola città civilizzata c'è chi non ha un tetto sulla propria testa, non ha una residenza, dorme in auto con una coperta ad oscurare la luce dei lampioni in un parcheggio di fortuna. Qualcun altro ogni sera si sistema nel fondaco gentilmente concesso da un amico per passare una notte al coperto anziché sotto le stelle. Sono le “fotografie” scattate ad alcuni tra i trentatre ascolani che, per l’Anagrafe, risultano residenti… a Palazzo Arengo, ovvero senza una residenza propria ed anche senza una casa ufficiale e, molto spesso, pure ufficiosa. Con un tetto da trovare ogni sera o con una sistemazione di fortuna in locali o fondaci, grazie all’aiuto di qualche conoscente, o in automobile. Persone che pur avendo una dignità non hanno più o non hanno mai avuto un lavoro. Oppure non riescono più a sostenere le spese per pagare un canone d’affitto. Trentatre persone che, vista la tendenza, sembrano destinate a crescere, e che, anagraficamente parlando, sul certificato di residenza hanno quale indirizzo “via del Municipio 1”, ovvero hanno come riferimento il palazzo comunale e rappresentano un vero e proprio campanello d’allarme per quell’incubo che viene definito dei “nuovi poveri”.

Situazioni inaccettabili che, però, devono fare i conti con la cronica carenza di alloggi popolari disponibili e di case parcheggio. Con Arengo ed Erap che si ritrovano di fronte ad una graduatoria di persone in attesa che si attesta sui 340 nominativi.

A questo punto, una proposta nasce spontanea: non sarebbe possibile inserire nei programmi di accoglienza dei migranti che si vedono costretti ad espatriare per sopravvivere, anche queste persone che stanno anch'esse perdendo dignità e condizioni per vivere? Non sarebbe possibile aprire le porte delle varie strutture di accoglienza o delle parrocchie a queste persone che ogni sera si coprono con un manto di stelle e sognano di arrivare al giorno dopo? Chiedere è lecito, rispondere è cortesia.

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