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La beffa dell'ospedale unico e la petizione social della Gazzetta di Ascoli


Sicuramente, in tanti anni, di sprechi sanitari ne abbiamo visti a bizzeffe.

Sicuramente, in tanti anni, anche alcune assunzioni sono state, per certi versi, inutili ed esagerate. Sicuramente, in tempi di vacche grasse, si è anche investito tanto: miliardi di vecchie lire in reingegnerizzazioni, porte girevoli tipo grand hotel, consulenze e quant’altro.

Ma una cosa è certa: per tanti, troppi cittadini-pazienti o potenziali tali, questa scelta di incolonnarsi tutti dietro all’idea dell’ospedale unico, lasciando di fatto a piedi entrambi i principali e più popolosi centri della provincia picena, lascia senza parole. E persino senza i cerotti che sarebbero utili ad evitare di leccarci, per l’ennesima volta, le ferite.

Troppi interrogativi frullano in testa a migliaia di persone che ora devono cercare di capire dove dovranno andare, in futuro, per curarsi. Qualche esempio?

Ecco cinque domande legittime che molti si pongono sulla questione.

Come si può gettare nella pattumiera una struttura che fino a qualche anno fa veniva celebrata come avanguardistica, dal punto di vista strutturale, con nuove ali e ampliamenti (tipo le sale operatorie fresche di realizzazione e ancora in attesa del taglio del nastro) come se una mano non sapesse cosa voglia fare l’altra?

Altro interrogativo: come si conciliano tutti i soldi spesi anno dopo anno e ancora oggi, ad esempio per ridefinire i parcheggi e gli ingressi, con il fatto che ad Ancona già da tempo si stanno facendo i conti - calcolatrice alla mano – per tagliare di netto i due ospedali piceni, senza scampo per nessuno?

Terzo punto di domanda: ma la soluzione per risparmiare è davvero quella di spendere ancora soldi e accollarsi una sorta di leasing - pagando un canone pressante e pesante, come Regione e quindi con le nostre tasche, per acquistare un ospedale nuovo di zecca realizzato da un privato, magari a metà strada, per evitare discussioni, tra Ascoli e San Benedetto?

Ed ecco, allora, che sorge a catena anche la quarta domanda: che ne sarà di questi grossi e ingombranti scatoloni che finora erano indicati con una “H” sulle mappe cittadine? Verranno forse ceduti al privato che realizzerà l’ospedale nuovo perché possa realizzarvi lussuosi appartamenti? O magari, visto che c’è la porta girevole, perché possa trasformare il Mazzoni in un hotel a 5 stelle?

Pazienti sì, cari politici che ora vi schierate tutti dalla stessa parte, senza campanilismi e senza steccati di partito, ma fino ad un certo punto. Non si può certo pensare che l’uomo della strada creda alla favoletta dell’ospedale unico come panacea di tutti i mali.

Ed eccoci al quinto interrogativo: perché tutto questo succede solo e sempre nella terra di nessuno, ovvero questo Piceno che è da sempre l’ultima ruota del carro e vede sempre passare avanti gli altri con aziende ospedaliere, investimenti, specializzazioni, di tutto e di più?

Quel che più fa imbestialire il cittadino “paziente” è, in realtà, il fatto che la scure dei tagli va a colpire sempre e soltanto chi della sanità ha bisogno esclusivamente per curarsi e per nessun altro motivo. Mai che si vadano a toccare, invece, quelle voci di costo che rischierebbero di destabilizzare tutto il sistema, tra consulenze, assunzioni che hanno portato gli ospedali ad essere le principali aziende del territorio dal punto di vista del personale, rimborsi chilometrici e quant’altro.

Si può credere a tutto, per carità, ma non chiedeteci di credere anche alla favola dell’ospedale unico come “unica” soluzione per risparmiare e rendere più efficiente il servizio. Allora, se così fosse, bisognava pensarci molto, molto prima. Prima di spendere miliardi di lire, poi diventati milioni di euro, su quelle strutture che ora, di colpo, non servono più.

La soluzione alternativa? Invece della maxi-rata per pagare al privato il futuro ospedale, teniamoci stretti i nosocomi che abbiamo, magari razionalizzando costi e organizzazione, magari ridistribuendo servizi e reparti, ma lasciando ai pazienti la dignità e il diritto di poter essere curati senza essere presi in giro. E se proprio dobbiamo indebitarci ancora – come Regione – anziché pagare a rate questo nuovo ospedale unico, utilizziamo questi soldi per reinvestire (magari attraverso mutui) sulle attrezzature mediche spesso obsolete, su possibili specializzazioni che attraggano pazienti da altre regioni, sul personale laddove realmente serve e non dove abbonda e tanto altro ancora.

Se la nostra sanità è malata, occorre fare molta attenzione, perché se si sbaglia la terapia c’è il serio rischio che il sistema entri in coma irreversibile. E non dimenticatevi, uomini della politica, che anche voi siete potenziali pazienti.

E voi, cittadini-pazienti, ora dovete far sentire la vostra voce. E per iniziare potete farlo cliccando “mi piace” e condividendo questo post se volete lanciare un messaggio per salvare gli ospedali che abbiamo e per i quali, finora, sono stati spesi molti, forse troppi, dei nostri soldi.

Magari nessuno ci ascolterà, ma di certo nessuno potrà pensare di averci preso in giro

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