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Oltre ai danni (del terremoto), la beffa del decreto. Ascoli fuori dal cratere


Oltre ai danni (del terremoto), l’immancabile beffa. Dopo quarantotto giorni di incubi, di lesioni, di paure, di notti passate in macchina, di valigie sempre pronte, di traslochi forzati, di sopralluoghi, di transenne, di evacuazioni di palazzi e sgomberi forzati, di moduli compilati e poi cambiati e ricompilati, di traslochi al mare o dai parenti, di angosce continue scandite dal sobbalzare sulle sedie in compagnia di scosse e magnitudo, finalmente è arrivato il decreto. Il famigerato decreto governativo per sbloccar ufficialmente la ricostruzione post terremoto ed elencare tutte le città, i paesi, i borghi colpiti fortemente. Quelli del cratere (che non è quello del vulcano). Un cratere, infatti, che si può allargare o stringere a piacimento, ma che vuol dire agevolazioni, finanziamenti speciali, congelamento fiscale e di ogni tipo di pagamento.

Un lungo elenco di comuni - che ora beneficeranno di questa iniezione di fiducia e di supporti economici per i terremotati – che però non vede comparire Ascoli Piceno. Laddove torri salvate in attesa di indennizzo e altri torri private transennate, oltre 100 ordinanze per edifici a rischio, partite rinviate per la pericolosità dello stadio e tanto altro ancora, rappresentano la fotografia di un territorio inequivocabilmente ferito, comunque, dal dannato sisma.

E quell’interrogativo che tante volte è rimbombato per altri motivi tra le rue della città, torna ancora a farsi sentire: perché? Perché in quell’elenco che delimita il cratere del terremoto figurano Amandola, Acquasanta Terme, Arquata del Tronto, Comunanza, Cossignano, Force, Montalto delle Marche, Montedinove, Montefortino, Montegallo, Montemonaco, Palmiano, Roccafluvione e Rotella, tanti paesi del Maceratese e perfino l’abruzzese Valle Castellana mentre Ascoli, a due passi, è inesistente, introvabile e fuori dai giochi?

Pure un bambino, ingenuamente, si chiederebbe il perché di tutto questo, i criteri della scelta, la logica che sottende al decreto stesso. Fatto sta che adesso due località a distanza di pochissimi chilometri, come appunto Ascoli e Valle Castellana, o Palmiano o ancora altri centri, si ritrovano con un destino e un trattamento diverso tra loro. Un destino che per il capoluogo piceno è quello di dover rinunciare alle stesse agevolazioni – dalle bollette congelate ai mutui e le tasse sospese – che vengono, invece, tranquillamente concesse a tante altre persone del territorio e di altre zone che magari hanno quasi appreso del sisma dalla televisione.

Tutto questo mentre ad Ascoli cominciano solo ora, dopo gli oltre 500 sopralluoghi comunali della fase di emergenza, i controlli della Protezione civile necessari per poter poi aprire la porta ai possibili rimborsi o contributi statali. Con tempi lunghi e controlli che ripartono anche dall’inizio.

Sarà, forse, perché al Governo e al Dipartimento di protezione civile tutti avranno pensato che tanto, agli ascolani, ci pensa Sant’Emidio...

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